Che meraviglia questo quartetto azzurro che diventa d’oro. L’Italia, con questi Signori degli anelli (Filippo Ganna, Jonathan Milan, Simone Consonni e Francesco Lamon), al velodromo olimpico di Izu batte la Danimarca e centra una storica duplice impresa: conquista la medaglia d’oro nell’inseguimento a squadre, la specialità più nobile dei pistard; e abbassa ulteriormente il record del mondo, portandolo a 3’42”032, un battito di ciglia in meno del tempo (3’42”203) dei danesi che in questa prova sono, per ricordarlo, i campioni del mondo.
Due record mondiali in due giorni
Diciamo allora, nel tripudio che accompagna questa ennesima impresa dell’Italia a Tokyo, che il nostro quartetto, guidato da un superbo Filippo Ganna, è allora un quartetto di marziani che snocciola record come fossero bruscolotti. Già contro i neozelandesi, nella semifinale, il treno azzurro l’aveva migliorato portandolo a 3’42”307. Due record del mondo in due giorni! Ma per capire meglio quali progressi siano stati fatti, va ricordato che fino al primo agosto il primato italiano era di ben quattro secondi in più.
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In pratica, nel percorso tra qualificazione e finale olimpica, siamo cresciuti a un ritmo clamoroso. Qualcosa di impensabile se si pensa che in questa specialità siamo passati, in 5 anni, dal fondo ai vertici delle graduatorie mondiali. Dall’anno zero all’oro delle Olimpiadi. Dalla polvere alle stelle come la nazionale di Mancini all’Europeo. Davvero una bella estate.
E il merito, oltre a Filippo Ganna e agli altri azzurri, va riconosciuto al tecnico Marco Villa, sempre un passo indietro nelle celebrazioni, ma tra passi avanti quando si tratta di lavorare sodo e portare un gruppo ai massimi livelli. Questo risultato non era scontato. Perchè i danesi sono fortissimi e la finale è stata molto combattuta.
La gara
Siamo partiti bene, andando in vantaggio nei primi due giri, ma nel terzo la Danimarca ci aveva già recuperato e sorpassato. Un cambio di marcia che ci ha messo in affanno. Nell’ultimo chilometro eravamo in svantaggio di 8 decimi, una enormità a questi livelli. Ma qui abbiamo innestato il turbo: un super turbo che di nome fa Filippo Ganna e che, quando il gioco si fa estremo, diventa il faro del quartetto. Rosicchiando centesimo dopo centesimo, il nostro gigante ci ha portato in parità coi danesi negli ultimi centro metri: e qui con un ultimo allungo abbiamo incassato quei due decimi che ci mancavano per laurearci campioni olimpici.