Il 26 settembre sarà un big bang nelle urne di Berlino. Quel giorno i berlinesi saranno chiamati a votare per le elezioni generali, per le elezioni della città-Stato e per un rivoluzionario referendum che mira a espropriare gli appartamenti residenziali posseduti dalle grandi società immobiliari: una nazionalizzazione a favore del social housing per calmierare il caro-affitti e per affrontare la carenza abitativa che colpisce le classi meno agiate.
Perché i tre voti a Berlino sono importanti
I tre voti sono interconnessi e sono sorvegliati speciali da tutta la Germania perché possono avere una rilevanza nazionale: Berlino è attualmente governata da una coalizione rosso-rosso-verde (Spd, Die Linke, Die Grünen) e, sebbene questa combinazione sia tra tutte quelle ipotizzate a livello federale la meno probabile, vale per dimostrare sul campo che un governo a tre partiti si può fare, e che quindi per la prima volta potrebbe essere sperimentato su scala nazionale.
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Se i berlinesi dovessero aumentare i voti a sinistra e ai Verdi e se contemporaneamente il “sì” dovesse vincere al referendum, allora la confisca degli appartamenti – finora un’opzione poco credibile – potrebbe realizzarsi: se i colossi del real estate, quelli con un portafoglio oltre i 3.000 appartamenti, dovessero subire una confisca a prezzi sotto il livello di mercato, questo sarebbe un terremoto con epicentro a Berlino.
Le scosse della nazionalizzazione farebbero tremare la Germania perché il mercato immobiliare su scala nazionale in qualche misura soffre lo stesso problema che attanaglia i berlinesi: prezzi delle abitazioni in vendita e in affitto in continuo aumento, con picchi che rendono appartamenti e case irraggiungibili dai più con qualche punta da bolla speculativa, e offerta strutturalmente bassa rispetto alla domanda.
La confisca spaventa il mercato
«La confisca degli immobili residenziali a Berlino sarebbe un duro colpo per il mercato e per l’economia: chi vuole costruire in un mercato dove si rischia la nazionalizzazione? La confisca farebbe scappare gli operatori privati. E non migliorerebbe la situazione perché quando lo Stato diventa proprietario, gli immobili iniziano a deteriorarsi», ha commentato Konstantin Kholodilin, economista esperto di immobiliare del think tank DIW interpellato dal Sole 24Ore. Inoltre la spesa per acquistare gli immobili post-referendum sarebbe indigesta per le finanze di Berlino: nel mirino del referendum sono entrati 243.000 appartamenti a un costo totale stimato tra i 28,8 e i 36 miliardi che appesantirebbe il bilancio della capitale da 100 a 340 milioni l’anno.